A motivo dello sviluppo urbanistico e demografico che il paese di Porto S. Stefano conobbe subito dopo l’immediato dopoguerra e soprattutto per il crescente interesse turistico che l’Argentario andava a ritagliarsi negli anni del boom economico, si sentì la necessità di un secondo edificio di culto e soprattutto di locali per attività pastorali, ricreative e culturali. Il 1/1/1960 l’allora Vescovo di Grosseto e Delegato Apostolico per la parte Toscana dell’Abbazia delle Tre Fontane, Mons. Paolo Galeazzi, con decreto vescovile erigeva il beneficio parrocchiale dell’Immacolata Concezione nel quartiere del Valle, luogo prescelto a motivo del suo grande sviluppo demografico, urbanistico e commerciale di quei decenni. Il 9/4/1961 Mons. Galeazzi, alla presenza delle autorità e della popolazione, coadiuvato dall’Arciprete don Azelio Bastianini, benediceva la prima pietra e il blocco di travertino di circa 4 quintali sul luogo dove sarebbe sorto l’altare della nuova chiesa. Passeranno più di 25 anni e diverse vicissitudini, prima di procedere alla costruzione della chiesa con un progetto modificato rispetto a quello del 1961. La costruzione della Chiesa e dei locali pastorali su progetto dell’Arch. Boccianti fu iniziata nel 1975 e grazie all’impegno dei vescovi diocesani (Grosseto e successivamente Pitigliano) e dell’intera popolazione fu portata a termine nel 1979 e il 7 Dicembre veniva solennemente consacrata da Mons. Giovanni D’Ascenzi, Vescovo di Pitigliano e Amministratore Apostolico dell’Abbazia delle Tre Fontane. La struttura della Chiesa mostra un aspetto modernissimo: tutto in cemento armato e a forma circolare, dominato da un'alta cuspide simile ad una vela che ben esprime le caratteristiche marinare del paese. L'interno presenta una struttura architettonica che concilia il raccoglimento. Dell’artista maremmana Lea Monetti sono le quattordici tavole in cotto della Via Crucis , mentre la statua bronzea dell'Immacolata, opera dello scultore Romano Mondrone domina l’aula ricca di dolce e maestosa bellezza, così come opera dello stesso artista è il tabernacolo e l’altare in terracotta.. Negli anni successivi la Chiesa è stata dotata di locali di ministero pastorale e della casa canonica e completata per quanto riguarda gli arredi (vetrate, ambone, confessionale) e gli impianti tecnologici (audio, elettrico e climatizzazione).
Il 23 marzo 1997, opera dello scultore laziale Egidio Ambrosetti, veniva inaugurato un portale in bronzo, felice sintesi di arte, di preghiera e di quotidianità. Il nuovo portale richiama la dimensione “verticale” dell’esistenza umana e cristiana. Questo ponte tra il divino e l’umano è la Vergine Maria che, all’ingresso della chiesa a lei dedicata, viene rappresentata nelle scene fondamentali della sua esistenza terrena e che, attraverso l’abile risoluzione della composizione artistica, appare come tramite dell’amore misericordioso di Dio che si riversa sugli uomini. Nel lumeggiare del bronzo modellato che restituisce caldi e coinvolgenti bagliori, il portale si caratterizza infatti per una serie di “ventagli lineari” di solchi profondi che uniscono la terra al cielo e che rimandano a questo “dialogo” con il Trascendente. Al centro le due ante caratterizzate da sei pannelli minori, dove si stagliano l’Annunciazione, la Visita della Madonna a Santa Elisabetta, la Presentazione di Gesù al Tempio, la Crocifissione, la Pentecoste e l’Immacolata. Ai lati, due grandi formelle fisse: a sinistra l’imponente e al contempo delicata immagine dell’Assunta “Vergine gloriosa ricordati di noi che siamo nella prova”, recita la preghiera che accompagna questa scena. Nella formella di destra, è raffigurato il promontorio di Porto S. Stefano, sul quale si erge materna la premurosa guida di Maria, qui rappresentata come “Stella del Mare”.
Intanto venivano realizzate due opere significative per l’attenzione alla formazione integrale della persona e la testimonianza della carità: una Sala polivalente con annessi locali di segreteria, ufficio e servizi vari per attività ricreative, sportive e culturali e il Centro d’Ascolto Caritas. Nel 2004, in occasione del XXV° Anniversario della Consacrazione della Chiesa, si è provveduto al restauro totale dell’edificio, del cemento armato e alla tinteggiatura interna ed esterna, del piazzale d’accesso nonché ad un adeguamento liturgico dell’area presbiterale (battistero, tabernacolo, ambone, sede del celebrante). Infine l’ultimo intervento straordinario ha riguardato la realizzazione di una nuova scalinata d’ingresso alla Chiesa e la sistemazione dell’accesso alla Sala polivalente e agli altri locali di ministero pastorale.
Il 5 maggio 1999, nella zona del Pozzarello, in un terreno donato da una famiglia santostefanese, veniva posta la prima pietra di un nuovo complesso religioso, chiesa canonica e locali di ministero pastorale, intitolato alla Santissima Trinità, destinato al servizio di un quartiere del paese sempre più popolato e interessato ad un notevole incremento turistico, soprattutto durante l’estate.
Il 22 giugno 2002 la Chiesa, edificata grazie all’intervento finanziario della Conferenza Episcopale Italiana è stata dedicata con rito solenne alla Santissima Trinità dal Vescovo Mons. Mario Meini. Adiacente alla Chiesa ci sono i locali di servizio liturgico: la sacrestia, la cappella delle confessioni, l’ufficio parrocchiale e la sala sottostante per le varie attività pastorali e ricreative (conferenze, dibattiti, mostre, proiezioni, ecc.) e alcuni locali di servizio. Completano la struttura la casa canonica e tre grandi aule per attività catechistiche e formative. Il vasto spazio esterno è utilizzato come parcheggio a servizio delle funzioni religiose e per attività ricreative parrocchiali.
La chiesa, progettata dall’Arch. Carlo Boccianti e costruita dall’Impresa Fratelli Rosi, racchiude uno splendido mosaico absidale realizzato da P.Marko I. Rupnik S.J. e dall’ équipe del Centro Aletti di Roma raffigurante il mistero della Trinità divina che introduce il fedele al cuore della fede e della liturgia cristiana: Cristo Risorto divenuto il tempio vero e perfetto della Nuova Alleanza. L’aula liturgica è ad un’unica navata, a forma di conchiglia, per meglio esprimere e favorire la comunione dell’assemblea, la centralità della celebrazione eucaristica; lo spazio architettonico mette in risalto le grandi presenze simboliche permanenti come l’altare, l’ambone, la custodia eucaristica, la sede del celebrante. L’abbraccio con il quale si è avvolti entrando è intenso: la chiesa, volta verso oriente come nell’antica tradizione cristiana, è pensata in modo aperto: la semplicità delle linee, la purezza delle superfici, lo slancio della parete presbiterale e la stessa parete d’ingresso praticamente tutta fatta di vetro danno allo spazio una leggerezza dinamica, un’aria viva, fresca e accogliente. Tutti questi elementi insieme hanno preparato uno scenario ideale per una iconografia della Economia divina che la Santissima Trinità ha compiuto e continua a realizzare nella storia delle donne e degli uomini: perciò si è rivestito la parete del presbiterio con un tessuto musivo dinamico, di una materia luminosa e viva nella quale vengono intessute le poche figure che aiutano a dischiudere ai fedeli il mistero dell’amore del Dio Trino per l’umanità. In alto la mano teofanica di Dio Padre, con la quale già l’antica tradizione cristiana indicava il mistero del Padre. Noi conosciamo il Padre solo attraverso la sua azione, cioè la creazione e la redenzione. Il Padre è assiso nel mistero impenetrabile, nella luce inaccessibile. Solo il Figlio che è disceso da Lui lo conosce e lo Spirito Santo che scruta le sue profondità ed è spirato da Lui. La sorgente di tutto ciò che esiste, della verità, della santità e dell’amore è Dio Padre. Sulla stessa linea, più in basso c’è la colomba che discende per simboleggiare la venuta dello Spirito Santo. La colomba indica l’aleggiare dello Spirito sopra le acque all’ora della creazione, è presente all’ora del battesimo di Cristo e ricorda la Pentecoste, piena manifestazione dello Spirito Santo.
La colomba discende in mezzo a fiamme rosse, bianche e oro. Questo vento dello Spirito penetra tutto, vivifica tutto e muove il creato verso “cieli nuovi e terra nuova”. Ma l’azione più straordinaria dello Spirito Santo riguarda la Pasqua del Signore.
Per questo la scena centrale è la Risurrezione di Cristo secondo l’interpretazione figurativa dell’inno di Sant’Efrem il Siro. Cristo scende nello Sheol e tira i nostri progenitori Adamo ed Eva fuori dalle tombe per riportarli al Padre.
Il mosaico non rappresenta Cristo nell’atto di uscire dalla tomba, ma in quello di sprofondarla. Cristo non esce dalla tomba come uno che si è liberato dalla morte e scappa via. Il Signore infatti non ha vinto la morte per se stesso, come un superuomo: la grandezza della risurrezione di Cristo consiste nel fatto che Egli entra nell’impero del principe delle tenebre che tiene in schiavitù Adamo ed Eva, cioè tutta l’umanità. Cristo scende, vivo, nelle viscere della terra e nell’impero della morte. Il regno della morte è finito perché ha accolto un vivo. Scende la luce vera, il sole della giustizia che illumina “quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte”(Lc 1,79). Cristo arriva nel suo splendore, egli è la luce venuta per illuminare il legame d’amore che Dio sempre mantiene con tutti coloro che ha chiamato alla vita e sprofonda negli abissi della terra, la terra è scossa e si squarcia affinché essa possa ritrovare la sua verità e servire ad Adamo, non per nasconderlo davanti a Dio, ma per restituirlo a Dio. Tutto il creato, tutta la materia è avvolta e trasformata dalla luce del Risorto. Egli tende le mani ad Adamo ed Eva. Cristo, seconda Persona della Trinità, si è fatto uomo affinché da uomo mortale potesse scoprire il nascondiglio dell’umanità chiusa in se stessa, incapace dell’amore, dunque della vita eterna, giacché solo l’amore è eterno. Egli ha cercato di dire all’uomo che Dio è Padre e che l’uomo può ritirarsi dalle terre deserte e aride per tornare alla sua casa, dove il Padre lo sta aspettando. Il Risorto prende Adamo per il polso –il luogo dove si misura la vita- e lo riporta all’esistenza; si lascia accarezzare da Eva -la madre dei viventi- e ristabilisce con l’umanità intera l’amicizia delle origini. Così comincia il ritorno al Padre. Cristo riprende Adamo ed Eva per riportarli alla dignità di figli di Dio. Perciò tutta l’umanità redenta con Cristo e in Cristo tornerà nel cuore della Trinità, dov’è il vero posto dell’uomo. Tutta la parete absidale è dominata dall’energia vitale dello Spirito espressa dal dinamismo delle linee e dalla varietà e intensità dei colori. E’ lo Spirito Santo che dischiude il senso del sacrificio d’amore: il compimento del sacrificio è la Risurrezione. Tutto ciò che è penetrato d’amore non muore più perché l’amore del Padre dura in eterno.
Questo mistero d’amore si compie qui nel simbolo eucaristico del pellicano che ferisce se stesso per nutrire i suoi e che, sulla stessa linea, come ultima scena vicina a noi, si trova sull’altare.Proprio intorno all’altare appare tutta la tensione della salvezza che ha operato la Santissima Trinità. E l’altare significa anche la Chiesa viva, la comunità concreta che celebra Cristo – che lo Spirito Santo rende per noi Signore e Salvatore- che ci presenta al Padre – che lo Spirito Santo rende nostro Padre.La sede presidenziale insieme all’ambone della Parola sottolineano ancora di più ed evidenziano il senso della Chiesa e della liturgia come processo della divinizzazione dei fedeli, perché raggiunti e coinvolti nell’amore trinitario.
A sinistra il tabernacolo con accanto la Vergine Madre in atteggiamento di “deisis”, cioè di colei che indica Cristo, in atteggiamento di preghiera con le mani protese verso Colui che, solo, distribuisce le grazie.Il volto della Vergine, il rosso del suo vestito e del mantello richiamano Eva: è lei Maria, la nuova Eva, la Madre di tutti i credenti immagine perfetta dell’orante e della Chiesa stessa che si relaziona a Cristo, che svela pienamente la dignità dell’uomo come un essere orientato, rivolto a Dio. Chi prega rivela questa verità.
La Vergine è posta all’altezza del nostro sguardo, i nostri occhi si posano sopra i suoi, “umile e alta più che creatura”, dono di Dio affinché ciascuno affidi a Lei le grazie di cui ha bisogno.
Tutto l’insieme è un invito a guardare in alto, a contemplare le profondità del mistero trinitario come mistero d’amore e di comunione: questo tempio consacrato al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo sia per tutti il segno del santuario che ci attende, sia uno sguardo sul nostro futuro: “Trasfigurati davanti a Dio, mostriamoci a tutti uomini nuovi, donne nuove, capaci di amare e infondere speranza, di stringere anche noi le mani dei fratelli, per sollevarle insieme verso la Trinità Santissima, per dire il nostro grazie, protesi verso la gioia senza fine” (dall’omelia del Vescovo nel giorno della consacrazione).