Santa Teresa d’Avila, la Beata Maria Maddalena dell’Incarnazione e le Monache Trappiste in Siria:
la vita contemplativa come risposta all’intolleranza, all’odio e alla violenza
Una festa della Beata Maria Maddalena dell’Incarnazione veramente speciale quest’anno quella che si è celebrata a Porto S. Stefano. Ogni anno il 29 novembre “dies natalis” della fondatrice dell’Ordine delle Adoratrici Perpetue del Santissimo Sacramento la comunità parrocchiale insieme alla Confraternita di Misericordia, di cui la Beata è patrona, si ritrova per un Triduo di preghiera dinanzi all’ Eucaristia, le cosidette Quarantore.
Il Triduo eucaristico è stato preceduto dalla visita dei ragazzi della Prima Comunione, insieme ai loro genitori e catechisti, dal pellegrinaggio a Ischia di Castro nel monastero, allora delle Terziarie francescane, dove la giovane Caterina Sordini trascorrerà ben 19 anni di vita religiosa. Qui il 19 febbraio 1789 – ricordato come il giorno del Lume – ebbe la visione di un fascio luminoso nel quale Gesù le fece capire che avrebbe dovuto dar vita alla fondazione di un nuovo Istituto religioso di monache dedite all’adorazione perpetua del Santissimo Sacramento. L’approvazione della Regola e la fondazione dell’Ordine avverrà il 2 febbraio 1808, giorno in cui le truppe napoleoniche entravano in Roma. Le vicende della Madre Maddalena si intrecceranno con la storia della Chiesa e dell’Europa contrassegnata dalla Rivoluzione francese e da Napoleone: tempi difficili per il papato e la stessa fede cristiana. Il carisma della Beata incentrato sulla vita contemplativa di preghiera dinanzi all’Eucaristia sarà la risposta alla violenza, alle persecuzioni, all’odio verso la Chiesa e i cristiani.
Durante il Triduo, la comunità parrocchiale ha avuto la possibilità di attualizzare il clima difficile dei tempi della loro Beata, ospitando nell’ultimo giorno la testimonianza di suor Letizia Ricci, monaca trappista nativa di Scansano, che da circa sei anni si trova in Siria, vicino ad Aleppo. Qui sulla collina dell’Azeir, nel villaggio di Homs le trappiste di Valserena decisero di fondare un monastero di vita contemplativa in terra islamica come segno di pace, tolleranza e convivenza tra popoli e religioni, dopo l’uccisione dei sei trappisti in Algeria. Purtroppo, dopo i primi anni tranquilli, in Siria si è scatenata una guerra terribile di cui ogni giorno le cronache ci mostrano, spesso tra l’indifferenza generale, immagini di morte e violenza. Le monache non hanno voluto abbandonare la Siria in questo momento così tragico, dove interessi politici, economici e militari vengono mescolati a differenze religiose ed etniche, causando sofferenze, distruzione e odi inauditi. Il racconto di suor Letizia ha commosso i presenti come anche le parole del sacerdote celebrante don Franco Rapullino, parroco a Napoli e amico di don Sandro fin dai tempi del Seminario, che per ben tre volte è riuscito, fra enormi difficoltà, a raggiungere le monache e portare loro aiuto e solidarietà. Aiuto e solidarietà che si è concretizzato nel momento in cui don Sandro ha consegnato a suor Letizia la somma di cinquemila euro, frutto della vendita del suo libro su Teresa d’Avila. Inquieta, vagabonda e santa, uscito questa estate. Per un disegno della Provvidenza, potremmo dire, si è stabilito un legame, un filo rosso al cui centro c’è la preziosità per la Chiesa e il mondo della vita contemplativa: S. Teresa d’Avila, la Beata Maria Maddalena dell’Incarnazione e suor Letizia, monaca trappista in Siria. Nei momenti di disordine, di conflitto e d’intolleranza la migliore risposta è la forza dell’amore silenzioso, dell’orazione che tutti unisce, della luce di Cristo che vince le tenebre del nostro egoismo e delle nostre miserie. Più forte dell’odio e della guerra, è una vita spesa nel silenzio e nella preghiera, accanto agli ultimi, agli scarti della storia e del nostro tempo.